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La dipendenza d'amore tra cibo, shopping e chat.

 

Si parla molto delle “nuove dipendenze”. Per la loro complessità  andrebbero  illustrate singolarmente, cercherò   un filo conduttore il legame tra queste patologie e il nostro bisogno “d’amore”, molto spesso negato alla nostra consapevolezza.
Noi tutti cerchiamo di soddisfare i nostri bisogni di affetto nel ricercare amici e amore, tramite la chat o senza, compriamo oggetti o vestiti che ci gratificano o di cui abbiamo realmente bisogno, mangiamo per sopravvivere ma anche per coccolarci, siamo  alla ricerca di un piacere  soddisfacendo naturalmente un bisogno. In breve cerchiamo di compensare con consapevolezza un bisogno di affetto.

In questo quadro tutto è nella norma. Queste azioni non fanno pensare ad una dipendenza,  così come intendiano “ la dipendenza da droghe”..di vario tipo o alcool o gioco d’azzardo. Queste dipendenze da sostanze, sono per gravità ad un livello superiore e non le tratterò volutamente, poiché in questi casi la persona è consapevole di agire un comportamento che può essere distruttivo, sappiamo di essere nel rischio di illegalità, di bancarotta, di grave danno alla salute ecc. Per quanto c’è una negazione da parte del dipendente della gravità del comportamento questo non  esclude però la sua responsabilità.

Quindi nonostante tanta normalità nel cercare di “compensare una mancanza”, anche mangiando, comprando o chattando, possiamo entrare in dipendenza.

Quando sentiamo parlare di “dipendenza” siamo in balia di un comportamento che non riusciamo a gestire………io sto bene solo se….quindi dipendo da….. siamo in balia di una pulsione alla ricerca di un piacere che scaturisce da un disagio o insoddisfazione.

Se aggiungiamo una parolina “dipendenza compulsiva da…”, percepiamo un comportamento  definito patologico, che è molto differente da una compensazione,  ci aiuta a capire che il dipendente è in preda ad una idea ossessiva che lo porta ad agire, ma tutto ciò nel tempo diventa sempre meno “piacevole”.

Chiaramente ogni dipendenza compulsiva-ossessiva ha i suoi gradi di intensità-gravità.

Consideriamo cosa possiamo tollerare senza sentirci “malati”, e valutare meglio ciò che invece può risultare dannoso per noi e per gli altri.

Fissiamo questi punti essenziali:

  • Una persona che chatta, che compra o che mangia non pensa di commettere qualcosa di grave o distruttivo…….noi tutti in un momento di debolezza abbiamo mangiato cioccolata, aperto il  frigo e assaggiato o divorato qualcosa, ci siamo concessi una telefonata o oggi possiamo dire “messaggiato”  con qualcuno, è chiaro cerchiamo di tamponare il disagio con la presenza di qualcuno o qualcosa.

  • Alcuni di noi per cause da definirsi possono trovarsi intrappolati in un comportamento compulsivo, cioè : la gratificazione attraverso il cibo, shopping e chat vengono  ricercati ossessivamente, per un  piacere la cui durata è destinata a ridursi e lasciare il posto  ad un disagio e a una sofferenza  più esasperanti dell’iniziale malessere da cui eravamo partiti.

  1. La persona dipendente perde evidentemente il controllo delle sue azioni. Tende a negarne la gravità.

  2. Il dipendente presenta sintomi di astinenza, cioè: nervosismo e malessere se impossibilitato a collegarsi…a mangiare..ad acquistare.

Effetti collaterali della dipendenza:

  • perdita del peso forma, per la dipendenza da cibo.

  • problemi economici pari alla gravità della compulsione, per lo shopping e spesso anche per il cibo e le dipendenze da web.

  • allontanamento dai rapporti sociali reali per tutte e tre le dipendenze.

  • grave insicurezza, perdita dell’autostima, per tutte.

Cosa nasconde un comportamento compulsivo, rispetto alla compensazione affettiva di cui abbiamo parlato? Quindi come si passa da un comportamento abituale “consapevole e non patologico” ad un “disturbo patologico”?

  • La persona che in un momento buio si “regala qualcosa”,  cambia colore o taglia i capelli come può passare in pasticceria o cerca in messanger un amico affettuoso; cerca una compensazione momentanea nella lucida consapevolezza del malessere che ha, ma trae beneficio dalla sua ricerca. Si dirige poi verso la problematica d’origine.

  • La persona che entra in una “dipendenza compulsiva” crede che il suo bisogno sia rappresentato dall’ oggetto da possedere o divorare.

  • Il compulsivo non è consapevole ( o non vuole esserlo ) del bisogno reale profondo o del conflitto che vive e che lo rende ansioso.

Acquistare –mangiare – chattare

Non è il mio reale bisogno

QUINDI IL “DESIDERIO OSSESSIVO” COPRE E PRENDE IL POSTO DEL VERO BISOGNO NELL’AGIRE COMPULSIVO:

Più  mi concentro sul desiderio

Più mi allontano dal bisogno

Se sono tanto impegnato a pensare al cibo a come procurarmelo e mangiarlo, se sono tanto occupata a “credere di relazionarmi” con tante persone in tutti i momenti della giornata, non ho tempo per ascoltare “il vero bisogno” (o il vero problema-conflitto o la vera paura).

Se sono convinta che la stessa camicetta mi serve in cinque colori diversi, veramente non so più cosa mi serve veramente!

SHOPPING

I dipendenti da shopping provano uno stato di forte eccitazione nell’attesa e nella pianificazione dell’acquisto, un’emozione di forte piacere che possiamo rappresentare in una curva ascendente che inizia a scendere subito dopo aver realizzato il “possesso”, non sempre l’oggetto viene vissuto e indossato, ma collezionato.

Gli acquisti,  che spesso hanno una tematica ricorrente divengono “oggetti preziosi” come a rappresentare simbolicamente “delle mie parti mancanti”, compro e colleziono ciò che non posso costruire o riconoscermi.

Molto spesso gli oggetti posseduti vengono dimenticati, come dimenticati i veri bisogni, lasciando il posto ad altri insaziabili desideri.

Allo stato più estremo di dipendenza i protagonisti hanno armadi traboccanti, oggetti nascosti e ancora imballati negati agli occhi dei familiari, conti in rosso, debiti con negozianti ecc.

La negazione del disagio e la realtà del disturbo viene spesso “scossa” da queste inevitabili conseguenze.

Appare evidente come tutto questo viene anche sostenuto e rinforzato da una filosofia consumistica della nostra società, una moda veloce, una cultura del prestito e della carta di credito…dove tutto è possibile qui ed ora.

La moda che corre velocissima, la misuriamo osservando un particolare: se negli anni 70-80 un completo da donna poteva dignitosamente essere indossato per più stagioni, oggi è molto difficile sfuggire al condizionamento sociale. Ci sentiamo “fuori moda” come il vestito. Anche se non siamo dei compulsivi, possiamo percepire questi cambiamenti e trasformazioni.

Ci identifichiamo con ciò che indossiamo. Così  le grandi firme  fanno “status” o “personalità”.

Le carte di credito con possibilità di rateizzazione, o slogan come “prendi oggi paghi tra un anno”, hanno incrementato notevolmente a cominciare dagli U.S.A. questa new addiction.

Prendiamo atto che  la nostra società incrementa i falsi bisogni, ci allontana dal contatto con noi stessi, ci omologa e ci facciamo omologare per scopi consumistici.

CHAT

Non cambia molto per chi dipende da internet e dalla chat, anche se assume come dipendenza delle ramificazioni più complesse. Sarà necessario sintetizzare per seguire il mio filo conduttore.

E’ un nuovo disturbo nato in questa società. Ma come illustri studiosi sull’argomento ci dicono: possiamo essere critici verso il progresso tecnologico?! È come criticare l’uso dell’energia elettrica  o del trasporto aereo.

La società oggi ruota attorno alla comunicazione. Internet è parte integrante della società.

Una rivoluzione, pari alla trasmissione via etere di suoni ed immagini.

Non esistono solo le patologie da Internet, sono tanti a sottolineare l’aspetto benefico e l’utilità sociale .

Come una medicina se la “rifiutiamo” rimaniamo arretrati, l’eccesso diviene però veleno-tossico.

Chi usufruisce di questo mezzo innovativo che è la rete e la chat nello specifico, cerca palesemente amicizia e amore, riconoscimento. Usando e consumando amicizia come i vestiti che all’ultima moda durano qualche giorno e poi non bastano più.

I tempi veloci della chat vanno a braccetto con il nostro bisogno psichico di riconoscimento e affetto. Poiché il nostro psichismo segue “la legge del piacere”, qui ora e subito.

L’uso moderato di una chat, è l’uso di un mezzo che eventualmente facilita un incontro reale, facilita realmente un livello di intimità sana.

Purtroppo è molto facile che ciò non avvenga.

Come una vetrina di belle cose, la visione del pc diventa un attrazione irresistibile.

Il dipendente non può fare a  meno di collegarsi, di chattare per trascurare la vita reale.

In questa situazione se è evidente che c’è una ricerca di riconoscimento dell’altra persona, si nasconde spesso la paura dell’incontro.

La chat per i giovani è veramente apertura e condivisione di un dolore?

Sanno comunicare?  I fruitori delle chat hanno età diverse, e qui si aprirebbero riflessioni diversificate in base alla fascia di età e ai bisogni, che diventa troppo riduttivo trattare in questa sede.

Alcune persone cercano l’Amore con la A maiuscola, altre solo sesso. Per comprendere meglio quanto il “tempo” è importante in questo filo conduttore, facciamo un esempio:

La storia erotica che dieci o venti anni fa poteva dar vita a sogni, obiettivi e desideri, trasformarsi in amore costruttivo attraverso l’attesa, “il tempo costruttivo” e la conoscenza, oggi è bruciata sul nascere in pochi giorni o mesi.

Il tempo permette una elaborazione e una trasformazione, per esempio una aggressività meditata e trasformata può a volte decidere sul destino di un amore. La chat spesso trasforma un pensiero in azione, cioè la persona pensa ed agisce senza filtrare, se sono arrabbiato con te agisco nel qui ed ora la mia rabbia per chat, senza riflettere sulle conseguenze.

Alcuni punti:

  • La dipendenza da chat ci illumina sul nesso tra compulsione e tempi veloci,  il “tutto e subito” è comune a tutte le dipendenze.Le comunicazioni sono compulsive per bisogno di conferme; contatto tutti per non perdere il controllo e non essere abbandonato.

  • Il dipendente ricerca emozioni seguendo un ideale di amore o costruendosi un “falso sé”. Imposta storie veloci ad uso e consumo: seduco e mi faccio sedurre.

  • L’uso della web-cam o delle proprie (o altrui foto) a scopo sessuale, ci da la misura del bisogno compulsivo di provare emozioni forti senza vero “contatto” o radicamento. L’effetto magia-passione-potere dura molto poco.

  • L’immediata soddisfazione riporta al “vuoto affettivo” che rinforza la compulsione. Pronti per un’altra storia d’amicizia o d’amore.

Il mondo virtuale parallelo alla realtà, non rappresenta tanto una fuga dalla realtà stessa, ma per le persone che vi dipendono è la dimensione idealizzata della realtà, un mondo di relazioni multiple e veloci, dove la delusione porta facilmente a cancellare e sostituire una persona apparentemente senza grossi traumi. Un mondo dove ci si sente più liberi di cambiare le regole e le maschere.

CIBO

In alcuni momenti della vita IL CIBO ,necessario per la sopravvivenza, rischia di perdere il suo aspetto vitale, gratificante e terapeutico diventando un problema, tanto da diventare un nemico e per alcuni un ossessione.

Anche l’immagine idealizzata di una magrezza-bellezza della nostra società ha paradossalmente contribuito a questa dipendenza, poiché le diete rigide contribuiscono ad  attivare le compulsioni. Ciò che è vietato è fortemente desiderato.

Ormai la  psicologia divulgativa ci ha aiutato a comprendere quanto il cibo abbia il potere di compensare momentaneamente i vuoti affettivi, lo stress, l’ansia. Il cibo come dolci e cioccolata sono associati al bisogno d’amore.

Ma generalizzando coprono l’insicurezza e il disagio.

Se una ragazza che ha paura di confrontarsi con il mondo ha paura di uscire di casa, mangiare diventa una soluzione per allentare l’ansia, ma a sua volta un motivo per non uscire più “il gonfiore è troppo evidente”, passare dal dolce al salato, finire e ricominciare.

Possiamo cercare di soffocare l’aggressività mangiando, divorando e mordendo.

I disturbi del comportamento alimentare che stiamo trattando in questo spazio, sono dipendenze al primo livello non includono bulimie conclamate o anoressie.

L’abbuffata compulsiva o “fame nervosa” è un comportamento molto comune, che stiamo trasmettendo anche per modello ai nostri figli.

Se abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri disagi e ricerchiamo gratificazione nel cibo, diamo questa soluzione ai i nostri figli e davanti ad un disagio offriamo una merendina.

Il dipendente da cibo pensa continuamente al prossimo pasto, compra vari cibi anche accumulandoli, mangia tutto quello che trova, saltando dal dolce al salato, spesso nega a se e ad altri di aver mangiato molto. Alcuni al ristorante per prolungare il possesso del proprio piatto, prima “rubano” il cibo nel piatto degli altri poi passano al proprio. Alcune mamme sono capaci di mangiare la pappa del proprio figlio……..alcune persone hanno anche mangiato cibi surgelati.

Dopo una grande abbuffata per una reazione dell’insulina è facile percepire il senso di fame. Ma in realtà per il compulsivo non esiste più il senso della fame, è più l’idea del cibo.

Diviene una catena difficile da rompere, aiuta in questo la conoscenza dei principi nutritivi, la razionalità che ci illumina sui comportamenti dannosi alla salute. Fondamentalmente il compulsivo non mangia bene, né con gusto, nuoce fortemente alla sua salute. Può aiutarsi seguendo una dieta non per “limitarsi” ma per “volersi bene”.

Anche qui il divieto rigido alimenta il desiderio.

Alcune regole o strategie consistono nell’obbligare a mangiare il cibo amato, in certe fasce orarie e seduti davanti ad un tavolo apparecchiato.

Mangiare per impegno tante cose buone in abbondanza e in tempi stabiliti, crea un effetto paradossale.

Evidenziamo i tratti comuni di queste dipendenze e  come affrontarle:

  • Cresce nel tempo un maggiore senso di vuoto e di ansia attraverso un investimento compulsivo.

  • Si evidenzia un  calo di interessi e scarso valore di sé, un notevole dispendio energetico anche nell’agire la compulsione stessa.

  • Per tutti i dipendenti in uno stato avanzato è impossibile vedere una soluzione al loro malessere.

Non riesco più a darmi un valore come Persona al di là del mio gesto compulsivo. Ma la dipendenza non mi soddisfa più”

TRATTI DELLA PERSONALITA’ DIPENDENTE

  1. Una caratteristica è la difficoltà della persona a contenere il dolore, a fermarsi ad ascoltare se stessi, esprimendo poca tolleranza alla frustrazione e alla solitudine.

  1. La tendenza a ricercare fuori di se rassicurazioni e soluzioni.

  1. Una visione più “umanistica-esistenziale” sottolinea la mancanza di “progetto o di senso di vita” della personalità dipendente.

L’INTERVENTO:

La psicoterapia è il solo intervento possibile oltre all’uso dei farmaci, che da soli spesso non bastano e quindi in casi particolari l’intervento è combinato; la terapia ha lo scopo iniziale di attivare  delle strategie per alleggerire il peso della compulsione.

  • Con le dipendenza compulsive i limiti e i divieti sono fallimentari, sicuramente vanno arginati attraverso programmi terapeutici, spesso con l’aiuto delle famiglie, tipo: la connessione in rete solo in certe fasce orarie, soldi contanti e limitati senza uso delle carte…ecc.

  • Inizialmente si aiuta il dipendente compulsivo a “fermare il tempo” quindi il passaggio all’atto, spostare più a lungo possibile il suo desiderio. Il compulsivo non smetterà del tutto di mangiare, acquistare o chattare, ma deciderà col terapeuta quando e come farlo per riprendere il potere decisionale, spostando il bisogno  nel tempo e imparando a gestire l’ansia riprendendo il possesso di se stesso.

Lo  psicoterapeuta guida il paziente:

  • ad ascoltare il suo dolore, non averne paura, piangerlo o gridarlo e imparare a gestirlo.

  • ad ascoltare il propri/veri bisogni, non quelli falsi o indotti, rientrando in un equilibrio.

  • a ricercare in se un progetto costruttivo che depotenzi l’idea ossessiva.

  • ad affrontare la paura dell’intimità, delle emozioni e dell’incontro con l’altro.

La strategia ha una potenzialità vincente nel rapporto tra terapeuta-paziente. Per la scelta motivazionale ed esistenziale di volersi bene e chiedere aiuto. Per questo regole da manuale “fai da te” non bastano.

Nella mia personale visione un approccio integrato in psicoterapia risulta maggiormente efficace nel trattamento di questi disturbi.

Il titolo di questo incontro ha messo in luce la mia intenzione di legare queste dipendenze da una causa psicodinamica comune: “il bisogno di amore che neghiamo a noi stessi”.

Il processo psicoterapico integrato aiuta la persona a potenziare le sue capacità costruttive ed abbattere il sintomo,  a sviluppare un sano amore per se stessi.

Ritrovarsi è scoprire un progetto e un sogno di realizzazione,  che ci zavorra nel mondo reale e sano.

Per gli “Incontri del Sabato”  30 gennaio 2010

Dr.ssa Morelli Viviana

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