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La vita interiore è costruzione e creazione.Il Narcisismo soffoca questa creazione!

C'è un legame fra l’assenza di limiti e lo sviluppo del narcisismo. La nostra epoca è caratterizzata dalla spinta a trascendere i limiti e dal desiderio di negarli. Ma i limiti esistono. Tuttavia, se di fatto li riconosciamo, può accadere che emotivamente non li accettiamo: crediamo, o desideriamo credere, che il potenziale umano sia illimitato. Sia la scienza che la tecnologia promettono un futuro in cui le persone saranno libere da molte delle limitazioni naturali. Per es., si può già viaggiare a velocità che erano impensabili quando ero ragazza, ma è soprattutto il rifiuto dei limiti sociali espressi dalla morale o dai codici di comportamento a favorire lo sviluppo dell’atteggiamento narcisistico. I limiti derivano da una struttura. Conoscendo la struttura di un oggetto, possiamo definirne i limiti delle sue possibilità: ad es. un’automobile, a causa della sua struttura, non può volare!; gli esseri umani non possono correre veloci come un cavallo, che oltretutto ha 4 zampe invece che due gambe, ecc. ecc.. Tuttavia la nostra struttura è dotata di potenzialità che nessun altro animale possiede: con le mani possiamo manipolare gli oggetti, con la lingua fare dei discorsi, con il viso esprimere dei sentimenti: Queste potenzialità, unite a quelle straordinarie del nostro cervello, ci hanno consentito di trascendere i limiti della nostra struttura fisica, con l’uso di utensili, macchine o attrezzature. Sembra che stia per iniziare una nuova era, un’era di superuomini o di uomini bionici. Ma, se ci dimentichiamo che i nostri sentimenti ed il nostro corpo non sono cambiati, è facile arrivare al narcisismo! Inoltre, se rifiutiamo o ignoriamo i limiti, distruggiamo la struttura, e, senza struttura, una situazione diventa caotica: tutto è consentito, e non c’è né significato né ordine! Quando crolla la struttura di una società non rimane che il caos, e si crea un’atmosfera di irrealtà. Una vecchia struttura deve crollare quando sta per emergerne una nuova: è il processo naturale della Crescita! Fare tutto quello che si vuole non rende liberi: un individuo senza legami emotivi verso persone o luoghi è sradicato, non libero … Individuo e Personalità dipendono dalla presenza di confini e limiti riconosciuti ed accettati, che assicurano il contenimento dei sentimenti, in modo che l’Io non venga sommerso, sopraffatto e perduto. Confini sicuri conducono ad un sicuro senso di sé, un sé che può basare la propria identità sui sentimenti. L’assenza di limiti si traduce invece nella perdita del senso di sé. I limiti sono confini: senza un confine per separare il sé dall’ambiente, il sé non esiste … a crisi della struttura sociale, evidente nella disintegrazione della vita familiare, nella mancanza di rispetto verso l’Autorità, e nel crollo dei principi morali riconosciuti, abbatte i confini, rimuove i limiti e conduce alla negazione dei sentimenti o alla perdita del senso di sé. Al posto del Sé si crea un’ immagine che procuri una qualche identità: nella nostra cultura questa immagine viene definita Stile di Vita. Ci viene detto che siamo liberi di crearci un nostro stile di vita, e dunque un’identità. Ovviamente, ci possono essere tanti stili di vita quante sono le immagini. Ma, basare la propria Identità su uno stile di vita, equivale a confondere la casa con chi ci abita, la facciata con le emozioni ed i sentimenti veri. Secondo me oggi, anche se c’è maggior benessere materiale, la qualità della vita si è deteriorata: più persone possiedono più cose, hanno più comodità e possono spostarsi da un posto all’altro più velocemente di quanto sia mai stato possibile nella storia dell’uomo. Il progresso ci promette una vita migliore, più sana, eccitante e piacevole: ci si dà alla Bella Vita, una specie di paradiso in terra. E allora: in che senso la qualità della vita si è deteriorata? Non siamo forse consapevoli dell’inquinamento ambientale e dello sfruttamento della natura?; non avvertiamo le pressioni della vita moderna, che non ci concede tempo per “essere”, cioè per respirare, per sentire, per contemplare? Le notizie di crimini, violenze e corruzioni ci ricordano costantemente il decadimento della società. Ma ciò che desidero sottolineare è la crisi morale dell’individuo, dovuta alla perdita di valori un tempo importanti: il Rispetto per sé stessi e la Dignità: la Dignità e l’Integrità sono all’opposto rispetto al Denaro e al Potere. Il suo rispetto non si ferma alla superficie e all’apparenza, ma tiene conto della realtà interiore: è esattamente l’opposto dell’atteggiamento narcisistico… 
Abbiamo Rispetto di noi stessi quando le nostre azioni hanno origine da convinzioni e princìpi profondi, e non da ragioni di opportunità o di interesse. Plagiare o manipolare gli altri porta ad una perdita del rispetto di sé, senza il quale non c’è rispetto per gli altri: la persona narcisistica non ha rispetto per sé stessa… Ma nella nostra cultura rispettiamo veramente qualcosa? Non facciamo forse riferimento ad una filosofia che pone il Successo come fine ultimo, e considera accettabile qualsiasi mezzo per conseguirlo? Per ciò che concerne la Dignità: ne sento parlare molto poco, mentre si parla molto di Potere. La Corsa al Potere è un’alternativa alla dignità, perché il Potere rappresenta il tentativo di compensare un senso interiore di umiliazione: “ se ho potere, nessuno oserà umiliarmi!”. La dignità è un modo di comportarsi, perché è propria di una Personalità che ispira o impone rispetto: entrambe le qualità mancano al narcisista. Ma la dignità non ha un grande valore in una cultura votata solo al progresso, al potere e alla produttività: il tempo è denaro: pochi si possono permettere la dignità! 
Se non ci si sente in contatto con il corpo, non si è radicati nella realtà. Purtroppo però oggi si è molto condizionati dall’ “apparire”, piuttosto che dall’ “essere”, e questo ci fa vivere l’irrealtà della condizione umana, basti considerare perché alcuni “modelli” siano tenuti in grande considerazione: pensiamo alla tv o alla pubblicità in generale. La tendenza a evadere dalla realtà è molto forte nella nostra società, soprattutto fra i giovani. L’impiego diffuso di droghe e alcool, e ancora di computers, smartphones o slot-machines lo testimonia, anche perché nella vita reale, l’individuo medio sente la propria sicurezza ed il proprio benessere minacciati da forze impersonali non facili da identificare: forze economiche, come la crisi che stiamo vivendo, e la disoccupazione; politiche, con le guerre e la corruzione; forze sociali, come la violenza e la burocrazia, ecc.: contro di esse ci si sente impotenti, come lo si è da bambini nei confronti dei genitori, e quindi si cercano vie di fuga …. Nella sua immaginazione o nella sua realtà, l’individuo moderno sembra aver bisogno del potere per sconfiggere la disperazione interiore. Ma credere che il potere sia in grado di risolvere i complessi problemi dell’uomo è un’illusione! Disponendo di un’informazione sufficiente, ci si apre davanti un orizzonte sconfinato: la meta ultima è quella di eliminare la malattia, sconfiggere l’invecchiamento e perfino la morte! Alla fine diventeremo immortali: esiste megalomania più grande? Se invece ci rendiamo conto che la nostra conoscenza è sempre incompleta, che il nostro potere è sempre insufficiente, e che siamo mortali, questo è alla base dell’umiltà e dell’umanità, e ci permette di affermare “Io Non so”, e di immedesimarci con gli altri, poiché accettiamo di essere persone comuni: la comprensione e l’accettazione dei nostri limiti fa di noi delle Persone Vere, e non dei narcisisti. I narcisisti non sono né liberi da preoccupazioni, né innocenti come bambini. Hanno imparato a giocare il gioco del potere, a sedurre e a manipolare: si preoccupano sempre di come li vedono gli altri e delle reazioni che sapranno suscitare. E devono mantenere il controllo, perché perderlo ri-scioglierebbe la paura della follia. Secondo la Teoria di Lowen, i narcisisti sono più preoccupati di come appaiono che non di cosa sentono. In realtà negano i sentimenti che contraddicono l’immagine che perseguono e, agendo senza sentimenti, tendono ad essere seduttivi e manipolativi e aspirano a ottenere il potere e il controllo sugli altri. Sono egoisti e presi dai loro interessi, mancano dei veri valori del sé, cioè espressione e padronanza di sé, dignità, integrità. A livello culturale, il narcisismo può essere visto come una perdita di valori umani: viene a mancare l’interesse per l’ambiente, per la qualità della vita, per i propri simili. Quando la ricchezza occupa un posto più alto della saggezza, quando la notorietà è più ammirata della dignità, e quando il successo è più importante del rispetto di sé, vuol dire che la cultura stessa sopravvaluta “l’immagine” e deve essere ritenuta narcisistica. Il narcisismo dell’individuo corrisponde a quello della cultura. Nei miei circa 28 anni di carriera come psicoterapeuta, ho assistito ad un cambiamento nei problemi di personalità dei miei pazienti: vedo oggi più persone che si lamentano di depressioni, ansie o attacchi di panico; non hanno emozioni, si sentono vuote, sono profondamente frustrate ed insoddisfatte. C’è qualcosa di assurdo in un modello di comportamento che pone il raggiungimento del successo al di sopra del bisogno di amare e di essere amati! Il dolore narcisistico è oggi più diffuso e più indistinto di quanto si pensi: si tratta di un disaccordo con la propria immagine, di un caos interno, una non coincidenza che fa nascere una perplessità dolorosa. A volte si presenta a noi con una mancanza di sofferenza, giudicata anormale: non sento niente! Forse sono un mostro?, oppure è proprio l’impressione di vuoto, la noia di vivere, il taedium vitae. Attualmente sto constatando che i miei pazienti angosciati si trovano sempre più fortemente alle prese con la propria immagine, come immagine stessa del proprio smarrimento. C’è una vera e propria Tirannia dell’Immagine; ad esempio, con la chirurgia estetica si ri-modellano a piacere i corpi e i sessi; si decide della fecondità, si prospetta la clonazione, si tenta perfino di padroneggiare la morte … La chiave essenziale, nella terapia, è la “comprensione”. Senza di essa, nessun approccio o tecnica terapeutica è in grado di offrire un aiuto reale. Tutti i pazienti hanno un bisogno disperato di qualcuno che li capisca: da bambini non venivano capiti dai genitori, non venivano considerati individui con dei sentimenti e non venivano rispettati in quanto esseri umani. 
In questa sede non farò certamente la storia dello studio sul narcisismo, di cui anche Freud, con il suo noto “Introduzione al narcisismo” del 1914 si è occupato ampiamente. Mi limiterò a ricordare che il riferimento di base si rifà comunque al Mito di Narciso: Narciso era il figlio della Ninfa Liriope, che si era rivolta al veggente Tiresia per sapere del destino del figlio, e questi le aveva risposto: ”Narciso vivrà fino a tarda età, purchè non conosca mai sé stesso”…. Ora tutti, sì, di ambo i sessi, si innamoravano di Narciso, che era molto bello, ma che respingeva tutti, perché geloso della propria bellezza. Fra gli spasimanti, la Ninfa Eco che, rifiutata, si ridusse ad una pura Voce di lamento e di rimpianto; ed ancora, Arminio che, ricevuta da qualcuno una spada, si uccise con la stessa sulla soglia della casa di Narciso, invocando gli dei perché vendicassero la sua morte. Artemide, la madre di Arminio, organizzò pertanto le cose in modo che Narciso, vedendosi rispecchiato nell’acqua di uno stagno, si innamorasse della propria immagine, estenuandosi fino alla morte nella propria contemplazione. Egli infatti cercava di toccarsi, di abbracciarsi, ma ogni volta che lo faceva, sconvolgeva lo specchio d’acqua, facendo scomparire la propria immagine. Alla fine si uccise trafiggendosi il petto con una spada e, dalla terra inzuppata con il suo sangue, nacque il narciso bianco dalla corolla rossa. Dal modello proposto dal mito, si nota l’assoluta mancanza dell’ “altro”, un incistamento mortifero in sé stesso. E’ caratteristico che, nel mito, Narciso sia con Eco; infatti un’altra caratteristica delle persone con tendenza narcisistica è quella di essere solo un’ eco degli altri. Un bel problema per uno psicoterapeuta, che deve distinguere quando il paziente conduce un dialogo all’interno della struttura narcisistica! Mi sono comunque resa conto, in tutti questi anni, che la maggior parte dei disturbi mentali deriva dal narcisismo. E’ estremamente importante essere in grado di riconoscere le persone dominate da un’organizzazione di questo tipo. Tanto per cominciare, queste persone, anche se dotate di talento, causano considerevoli danni alle strutture sociali alle quali appartengono, alle loro famiglie, alle aziende per cui lavorano, ecc.
Il narcisismo, così come ho già accennato all’inizio, non è presente solo negli individui, ma contamina anche le organizzazioni. Nessuno di noi può dirsi libero dal narcisismo e, uno degli aspetti fondamentali di questa condizione, è che ci rende ciechi rispetto a noi stessi. Si sentono spesso frasi del tipo: “io sono molto narcisista”, oppure “ è stata una ferita al mio narcisismo”. Si tratta di frasi buttate là, ma in verità riconoscere il nostro stesso narcisismo è profondamente doloroso. Il narcisismo è un profondo antagonista della conoscenza di noi stessi. 
Per parlare del narcisismo occorre partire da una constatazione, e da una distinzione: il narcisismo e l’identificazione narcisistica sono all’origine della vita psichica. Bisogna distinguere due tempi del narcisismo: il “Narcisismo Primario” chiamato anche “Originario”, che è il narcisismo di base, a cui succederà il “Narcisismo Secondario”. Il primo coincide con il primo periodo della vita psichica, in cui gli investimenti erotici si concentrano sul corpo stesso; la relazione oggettuale (con la madre) non è ancora organizzata. Le cure materne, i soddisfacimenti che la madre procura, l’alternanza della sua assenza e del suo ritorno, le sue parole gratuite rivolte al figlio fin dai primi giorni della sua vita, e ancor prima della nascita, sono gli ingredienti indispensabili per permettere alla pulsione di vita di essere sempre in una condizione di legame. In questo periodo di narcisismo originario, non è ancora venuto il “tempo del desiderio”. La Libido è Auto-Erotica, ovvero il bambino è impegnato alla soddisfazione dei propri bisogni. Si instaura così un ritmo di attacco-difesa, ovvero di annullamento nel bisogno e nel soddisfacimento. Si crea quindi una sorta di ritmo che permette successivamente di gestire le ulteriori opposizioni fra i vuoti e i pieni, le perdite e i ritrovamenti. Questo è il “Tempo del Rispecchiamento fra sé e sé”, come una sorta di riflessione, il legame è il legame di sé con sé. Egli sta creando un legame primordiale con sé stesso, è quindi importante che i primi scontri non annientino il bambino. L’insoddisfazione del “bisogno”, insopportabile, è un attacco che scatena le pulsioni, con il rischio di frammentazione dell’essere. Il narcisismo ripara il vuoto lasciato da tali insoddisfazioni. Quindi il Narcisismo primario non è solo una condizione iniziale di beatitudine passiva, conflittuale, oceanica, ma ha anche una funzione difensiva. 
Il Narcisismo Secondario, invece, imporrà la Forma, passando per la forma del proprio corpo. Lacan situa nello “stadio dello Specchio”, tra il 6° e l’8° mese di vita, l’ Organizzatore del Narcisismo secondario, e la creazione di questa istanza che si chiama IO, cioè il tempo della presa di coscienza della forma umana. E’ questa immagine speculare che dà al bambino la forma intuitiva del proprio corpo, e della relazione con la realtà che lo circonda. E’ questo il momento in cui il bambino scopre il proprio riflesso come una Forma Totale che somiglia a quella dei suoi genitori e, scoprendosi simile, si rivolge in piena esultanza verso l’adulto. 
Quando questo processo è correttamente realizzato, il bambino, entrando in questa comunicazione immaginaria, entra anche nel linguaggio. Al contrario, quando qualcosa in questo processo fallisce, o perché il genitore non convalida l’immagine, o perché il bambino, incantato, non si distoglie dalla propria immagine per comunicare questa scoperta al genitore, ci si può aspettare in seguito lo sviluppo di patologie, come, per es., la Psicosi nella prima ipotesi o come, nella seconda ipotesi, quelle che vengono chiamate Personalità Narcisistiche. Tutto ciò che costituiva il sensoriale, così importante fino a quel momento, sfugge al rispecchiamento: il timbro di voce, le prime sensazioni visive, tattili, il calore del contatto, gli odori, ecc. Da ora in poi il soggetto ne sentirà la mancanza per tutta la vita, e tutti questi oggetti mancanti, perdenti, cioè tutto ciò che ormai non è specchiabile, per questa ragione, procureranno il desiderio e la nostalgia del ricongiungimento. La condivisione e la convalida dell’immagine attraverso il Testimone (la madre o un suo sostituto) resta l’elemento essenziale di questo processo: qualche “intoppo” potrà falsare qualcuna delle tappe di tale “Processo dello specchio”: il bambino infatti è incapace di convalidarlo, di riconoscerlo. Ci si può aspettare che l’atto che doveva totalizzare l’Io conservi una crepa, una saldatura, un grumo non integrabile, e allora si ha a che fare con la Psicosi. In tal caso, quello che rinvia lo specchio è “pieno” di cose strane, innominabili, di Non realtà. Per sfuggire all’angoscia di questo incontro, a volte terrificante, quello che lo schizofrenico farà più tardi, sarà di “girare lo Specchio” o di romperlo, perché quello che vi scorge appartiene all’ ordine della frammentazione, del non-integrabile. Gli studi sullo specchio sono stati inaugurati da Lacan, e riguardano il processo in cui il neonato riconosce sé stesso allo specchio, giungendo così alla scoperta del proprio sé: 1. Il rispecchiamento del piccolo bambino implica necessariamente la presenza dell’adulto che lo sorregge davanti allo specchio; questo riflette dunque due figure, e il bambino incomincia, dal 6° mese di vita, a riconoscere e a sorridere all’immagine di chi lo sorregge. Egli dimostra sorpresa quando sente la voce del genitore provenire da una fonte diversa da quella che vede nello specchio, cioè di fianco invece che di fronte. Alla fine il bambino arriva a mettere in relazione l’immagine riflessa della persona che lo sorregge con la persona stessa: le due immagini hanno uguale dignità. La propria immagine viene ancora ignorata. 2. Verso l’8° mese inizia l’avvertimento della propria immagine; il bambino tende le braccia verso di essa, ride, cerca di afferrarla, di instaurare un rapporto con la stessa; cerca anche dietro lo specchio, lo gira per vedere se riesce a raggiungerla, lo gratta. Intanto continua il confronto fra le immagini riflesse e quella del genitore. Tutti gli studiosi, compreso Lacan, hanno riconosciuto che l’immagine riflessa del genitore, ha la funzione di una Gestalt, cioè di una struttura capace di dare unità e coesione al vissuto che il soggetto ha di sé, precedentemente frammentato e incoerente. 3. Dall’8° al 9° mese di vita vi è una progressiva differenziazione fra l’immagine speculare del genitore e quella diretta che il bambino ne ha. 
Dal 2° anno di vita in poi, il bambino, facilitato dai processi precedenti, avverte che anche l’immagine visiva del proprio corpo nello specchio Non è Lui: egli è infatti solo là dove sente di essere, tramite le percezioni che arrivano alla sua coscienza. 5. Il bambino arriva così alla costruzione di un proprio Sé Relazionale. In altre parole, il vedere sdoppiata allo specchio la persona che si percepisce direttamente e che si sente affettivamente vicina, dà alla propria immagine un senso di esperienza viva, in quanto è il veicolo privilegiato di una unificazione totale: non più soltanto visiva, ma spazializzata e dotata di sensazioni introcettive. L’insieme di questi processi porta alla possibilità che il sé coeso si integri all’interno della dinamica familiare, in un sé relazionale. 
La contrapposizione al processo fisiologico descritto, è quella relativa all’assenza della “Persona Conosciuta” accanto al bambino, che si rispecchia, perché l’adulto, pur presente, è Non Familiare o è Ostile. Ne consegue, innanzitutto, la mancata formazione del Nucleo di Base, coesivo, quindi dell’immagine speculare globale, unitaria: il proprio sé rimane sconosciuto e inquietante, quello dell’altro è cosa da cui guardarsi e non verso cui guardare, il viso dell’adulto presente allo specchio rimane un puro fatto percettivo, e non avvia quello scambio significativo col mondo, nel quale l’arricchimento del sé si alterna con la scoperta del senso che hanno le cose incontrate. Inoltre, il mancato superamento della frammentazione originaria porta alla minaccia di caos, al ritiro del soggetto in sé stesso, al suo guardare l’altro per difendersene, a trovare negli altri un sé stesso privo di vita. 
Secondo l’esperienza clinica, il neonato trova la strada per giungere alla sua prima unificazione attraverso l’esperienza gratificante della continua stimolazione cutanea, che gli viene dalle carezze, e dalla gentile manipolazione della nutrice su tutta la superficie del corpo: è così che si costruisce la “Pelle Psichica”; tutto ciò corrisponde alla strutturazione del Sé Coesivo, derivante dall’unificazione fatta allo specchio dell’immagine totale, buona, dell’adulto accanto al soggetto. Winnicott, uno psicanalista che ha studiato in particolare la relazione di attaccamento alla madre, ha sottolineato che, in conseguenza di cure materne buone, adeguate, si costituisce nel bambino una continuità dell’Essere, fondamento della Forza dell’Io, e quindi struttura di base dell’organismo psichico. Se invece l’assistenza amorevole è stata carente, oppure perdura la frammentazione dello stadio precedente, la funzione dello specchio psichico viene meno, pertanto il soggetto, non avendo una “pelle psichica”, va in cerca di una “Pelle Spuria” che sostituisca la precedente. Ad esempio, una pelle muscolare, che funziona come un’armatura che si impone con prepotenza: nel bambino sotto forma di irrequietezza motoria, nell’adulto come una iper-attività continua che impedisce ogni vero dialogo o anche con un eloquio trasbordante e invasivo, dal momento che anche la lingua è un muscolo.
In quarto Autore che si è occupato del narcisismo, Symington, ci dice che un soggetto dominato da un’ organizzazione narcisistica lo è perché, nel corso della sua evoluzione, si è allontanato dal “vivificatore”, rifiutandolo. Il vivificatore, per tale Autore, è un oggetto psichico emozionale, che promuove l’apertura della mente verso altri, verso l’esterno, e che la mente può scegliere come proprio o no. Il rifiuto coincide con la scelta narcisistica di sé stessi come oggetto d’amore, ma la scelta si rivelerà, invero, come un “voltare le spalle a sé stessi”. Solo il “vivificatore” permette di affrontare i momenti critici della vita. Gli aspetti indesiderati della nostra personalità, tipo Gelosia, Invidia, Sadismo, ecc. vengono proiettati fuori, verso “gli altri”, sono tratti insopportabili dei quali dobbiamo assolutamente sbarazzarci! Se questo è valido per molti, a maggior ragione vale per il narcisista, per il quale, inoltre, occorre sottolineare che il nucleo del suo narcisismo, sempre secondo Symington, risiede in una sorta di astio nei confronti della relazione, un odio nei confronti di qualcosa che è inerente al suo essere. Nel suo “odio per la relazione”, una delle modalità utilizzate dal narcisismo è attaccare la separatezza: nelle persone dominate da impulsi narcisistici c’è infatti incapacità di separare sé stessi dagli altri e, per tale ragione, essi presumono che gli altri pensino allo stesso modo in cui loro stessi pensano … La nostra personalità non è un fenomeno unitario. Noi tutti siamo composti da parti: ogni parte è in grado di funzionare come un piccolo individuo separato. Il problema è fare funzionare tutte queste parti in modo armonico, tenere insieme. La ragione per cui non siamo consapevoli di alcune parti di noi stessi, è strettamente connessa al narcisismo. Io mi pongo in antagonismo rispetto ad alcune mie parti, e non in relazione con esse, quindi non posso conoscerle. La difficoltà a conoscerle, è data dal fatto che, innanzitutto, quelle parti non mi piacciono e, quando ne diventiamo consapevoli, l’emozione che proviamo è la vergogna! Questo perché ci rendiamo conto di avere alcune responsabilità per le azioni che sono accadute dentro di noi. Un altro motivo per cui tentiamo di non conoscerle, e quindi di nasconderle, è che, se vogliamo essere bene accetti in società e rispettati, ci dobbiamo mostrare amorevoli e non avidi. La vergogna è strettamente connessa a certi aspetti del narcisismo. Se disconosciamo una parte di noi stessi, allora diventeremo vittime dello stesso aspetto in altre persone. Per esempio diciamo che c’è una parte mia esageratamente gelosa, e che io la rinnego; tuttavia questa continua ad agire e a contaminare il modo in cui io mi comporto con gli altri. L’aspetto distruttivo non sta tanto nella gelosia, quanto nel fatto che questa sia disconosciuta. Questa metafora è molto calzante: nella nebbia il profilo di una macchina in arrivo è vago, ma la macchina è altrettanto reale, come se fosse in pieno sole: è addirittura più pericolosa, perché, se non la vediamo, la macchina ci può investire! La realtà può essere afferrata solo per mezzo di un’azione psichica personale. Il narcisismo non sta o da una parte o dall’altra, ma nel modo in cui una parte del sé si relaziona alle altre. Symington afferma ancora che, chi dice di sì al vivificatore, ha incorporato una fonte di azione: questo significa che la persona possiede un principio mentale, nonché la capacità di non farsi condizionare dall’ambiente sociale. Nell’individuo sano la fonte dinamica è interiore, nel narcisista la fonte dinamica è in superficie. Il narcisista ha un continuo bisogno di carezze, ha bisogno, nel suo viaggio di vita, di un compagno che avvalori ogni sua mossa. Supponiamo che io sia un’attrice che ha recitato in una commedia. Ho assolutamente bisogno che qualcuno mi dica quanto sono stata brava. Dopo lo spettacolo nessuno mi riempie di elogi, ed io mi sento depressa e amareggiata. Così vado a trovare alcuni amici e mi faccio qualche spinello, bevo moltissimo e dico agli altri che nessuno si è complimentato con me. Tutti allora si sperticano in lodi, ecc.: questo mi fa andare avanti per un paio di giorni, ma poi ho bisogno di un’altra dose di incoraggiamento da parte dei miei amici. Poiché non riesco a farcela senza continue lusinghe, allora mi fabbricherò su misura un gruppo di persone che me lo garantiscano costantemente. Senza i miei amici non sono in grado di “sopportare il peso”. Naturalmente esistono altri modi che offrono carezze e lusinghe in quantità necessaria alla sopravvivenza: droghe, relazioni sessuali, ecc. Queste sono un’esplosione vitale: peccato che non durino! 
Il narcisismo, lo abbiamo già accennato più volte, è sempre prodotto da un trauma. L’intero funzionamento narcisistico: la grandiosità e il disconoscimento di parti del Sé, è una procedura difensiva. Vi ho anche detto che risulta difficile capire se un paziente presenta aspetti narcisistici durante un colloquio clinico, visto il modo con cui queste persone sono sempre intente ad “attivare” gli altri: facendoli fuggire o arrabbiare o rendendoli ansiosi. Una difficoltà, durante il trattamento, consiste nell’impossibilità di scoprire veramente di che genere di trauma si tratta, fino a quando non si riesce a superare una qualche barriera difensiva. La crescita psicologica è un processo continuo di separazione; un bambino si separa gradualmente dallo stretto legame con la madre, con l’aiuto del padre, e producendo nuovi legami, andando a scuola, e così via. C’è come un ritmo di separazione che è predeterminato da dispositivi interni, ed è agevolato dall’educazione emotiva. Lo shock, o trauma, accade quando questo processo viene improvvisamente interrotto. Quindi, per distanziarsi dall’evento traumatico, la persona intraprende la via del narcisismo. In uno “stato grandioso”, lui o lei sono in grado di allontanare le cose che fanno paura, sono capaci di disperdere parti di sé negli altri, e vivere come anestetizzati rispetto a qualsiasi fonte di panico. Se qualcuno è stato maltrattato da un genitore, un modo di convivere con il trauma consiste nell’allontanare il Sé infantile che lo ha subito, e comportarsi crudelmente con gli altri. Chi è stato allevato da genitori autoritari e tirannici, sarà, molto probabilmente, un genitore autoritario a sua volta, a volte, invece, farà esattamente l’opposto, comportandosi in modo troppo indulgente con i propri figli, ma il problema di fondo rimane lo stesso: la persona traumatizzata si inserisce nell’ ”agente” del trauma, ovvero sul figlio. Molti narcisisti probabilmente non si avvicineranno mai ad analisti o psicoterapeuti, limitandosi a perseguitare chi li circonda. Qualche volta, invece, non è un singolo evento a far precipitare il Sè nella ferita narcisistica, ma quello che, in termini psicanalitici, viene chiamato il “trauma cumulativo”. Si può, per esempio, rimanere traumatizzati dalla personalità dei propri genitori, come il caso di una persona che abbia avuto una madre o un padre anaffettivi: questi potrebbe inserirsi in questa modalità fin dalla più tenera infanzia … L’esperienza più traumatica è quella di crescere senza l’apporto emotivo di una madre o di un padre. Ma, nel corso della tarda infanzia, o dell’adolescenza o ancora nella vita adulta, si potrebbe ottenere anche l’effetto opposto, e dare inizio ad un processo di Liberazione dal narcisismo. Ad esempio, iniziando un processo Psico-terapeutico, la stessa Psicoanalisi può rappresentare una situazione traumatica, nella quale i pazienti stessi si mettono per libera scelta, dando vita ad eventi significativi, per cui si verifica una svolta decisiva. Quando si sceglie il narcisismo, lo si fa per proteggersi da una panico terribile, è importante non dimenticarlo. Quanto peggiore è il trauma, tanto la struttura di personalità è intensa e pesantemente trincerata, quindi la maggior parte del sostegno dovrà essere rivolta, da parte del terapeuta, alla parte sana della personalità, affinché il paziente possa essere in grado di uscirne. E’ arrivato allora il momento in cui dobbiamo riflettere: non cambiare sarebbe perverso! Ascoltiamo la nostra coscienza, perchè la cosa meravigliosa è che è possibile modificare gli eventi emotivi che hanno costellato la nostra vita; le nostre menti possono mutare e, insieme alla mente, cambia anche il nostro mondo interiore…. 
Tutto ciò che ho esposto in questa sede non vuole essere un’analisi esaustiva, ma un tentativo di ricerca di riflessioni e di soluzioni. Vorrei terminare con un’affermazione fatta da un teologo tedesco, Karl Rahner, che diceva che, se una domanda disturba tutte le visioni accettate su un argomento, se provoca ansia, e se obbliga la gente a difendere le vecchie posizioni con ardore, allora vuol dire che è stata posta nel modo giusto. Penso che il tema del narcisismo sia fondamentale: rappresenta infatti un problema per tutti, un problema personale che dobbiamo risolvere. Ci sono molti modi per esser un Uomo o una Donna; la vita interiore di una persona non è un dato di fatto, è una Costruzione. In definitiva la mia vita è una mia creazione: il narcisismo soffoca questa creazione, non la permette, deruba le energie, affinché non siano disponibili per renderla possibile. 

Ottobre 2013 Dott.ssa M.Cristina Sciuto

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