Bullismo: origini, cause e ipotesi
Da sempre si discute quali siano i fattori che influenzano uno sviluppo più o meno sano del bambino.
Queste cause si fanno risalire per lo più ai periodi della prima infanzia, ossia in quella fase in cui il bambino inizia a creare, attraverso una serie di relazioni sociali, il proprio Sé interiore.
Una delle prime cause si riscontra nelle predisposizioni biologiche, in quanto alcuni bambini nascono con un carattere turbolento a causa di un’elevata iperreattività del sistema psicofisiologico verso stimoli stressanti, difficoltà nell’attenzione e un commportamento teso alla disobbedienza.
Anche il contesto socioculturale ha la sua importanza, l’ambiente in cui il bambino nasce e cresce è fondamentale per capire eventuali modelli di sviluppo.
Famiglie povere, con elevati livelli di stress emotivo, comportamenti di violenza possono in qualche modo rendere più facile il manifestarsi di una personalità aggressiva, soprattutto se pensiamo al fatto che i genitori sono il fulcro dell’apprendimeno infantile; o almeno il primo punto di riferimento sociale.
Infatti, le modalità educative genitoriali sono la terza causa, soprattutto nei cinque anni di vita, che influenzano il determinarsi o meno di condotte antisociali del bambino.
E’ importante che i genitori forniscano insegnamenti adeguati in base alla fase evolutiva attraversata in quel determinato momento dal loro bambino.
I grandi cambiamenti della seconda infanzia, per esempio, richiedono anche da parte dei genitori un atteggiamento diverso nei confronti del figlio, che non può essere ne trattato come bambino piccolo ma neppure come un adulto.
E’ importante regolare le attività del bambino; come andare a letto presto per svegliarsi riposati e affrontare bene la scuola, fare colazione tutti assieme come fonte di emotività.
La quotidianetà delle abitudini genitoriali offre al bambino un senso di sicurezza entro il quale rilassarsi e sentirsi protetto.
La guida dei genitori è utile alla formazione di un ordine mentale che serve a maturare e a sapersi un giorno organizzare la vita da soli.
Il bambino ha bisogno di tempo libero per dare spazio alla creatività e alle passioni, in modo tale che abbia la possibilità di capire chi è cosa vuole dalla vita, iniziando dalla scelta di piccole attività; va stimolato a conoscere e ad apprendere, si possono porre delle domande per inoltrarlo alla riflessione e discutere in modo da cercare le risposte alle sue domande in maniera attiva.
Un tipo di relazione realizzata in questi termini dovrebbe sviluppare quello che Mary Ainsworth, psicologa canadese, allieva di John Bowlby ed esperta in psicologia dello sviluppo, definisce un tipo di attaccamento sicuro, ossia la migliore relazione che un bambino possa sviluppare con il care-giver o oggetto d’attaccamento, che garantisce una più spiccata voglia di esplorare il mondo esterno senza la paura di essere lasciati soli o criticati per ogni errore commesso.
Un tipo di attaccamento insicuro-evitante, nel quale la madre si mostra indifferente ai segnali del figlio lasciandolo solo e non avendo alcuna manifestazione di affetto nei suoi confronti, è un fattore predisponente ad un futuro comportamento aggressivo – oppositivo.
E’ anche vero, come suggerisce la psicologia dello sviluppo infantile, che non sono solo i genitori ad influenzare lo sviluppo del proprio figlio, ma come abbiamo detto ci sono delle caratteristiche di personalità innate del bambino, che possono modificare in maniera negativa la relazione diadica, sviluppando comportamenti disadattivi.
Questo tipo di bambino è spesso più incline ad eccessi di collera e a comportamenti violenti.
Alle sue origini i neonati manifestano questa sorta di energia vitale attraverso la loro motricità fisica sempre in azione e la loro voglia intensa di stimoli forti.
Per poter incanalare queste tendenze aggressive, bisogna prima di tutto aiutarlo a riconoscerle dentro si sé, in modo da prendere coscienza delle conseguenze che queste possono provocare.
Quando il bambino ha qualche manifestazione di questo genere è stesso il genitore che dovrebbe avere la capacità di contenerla.
In caso contrario, è facile fare in modo che il bambino resti ancorato alla sua rabbia originaria, accrescendo la sua impulsività; convincendosi del fatto che attraverso questi comportamenti violenti e antisociali possa colmare l’angoscia dovuta all’assenza della madre, si convince di non avere bisogno di supporto, proprio perché non ha mai potuto contare effettivamente sull’amore di nessuno e quindi di essere forte e invincibile: un bullo.
Il bullismo è un fenomeno occulto che sfugge all’attenzione di insegnanti e genitori.
Per mettere in atto i loro comportamenti negativi i bulli scelgono luoghi nascosti e colpiscono vittime più deboli.
Il loro obbiettivo, ovviamente distorto, coinsiste nel mantenere un potere indiscusso sugli altri, attraverso la paura e l’ammirazione che suscitano le loro dimostrazioni di forza.
Di solito i bulli non sono mai soli, utilizzano la loro personalià carismatica ed autoritaria, riescono ad essere circondati da tanti bambini che gli offrono obbedienza in cambio dell’appartenenza al gruppo di bulli.
Hanno la capacità di persuadere altri membri che, seppure si rendono conto degli atti lesivi commessi dal gruppo stesso, non riescono a contraddire il bullo leader attuando fino in fondo il piano elaborato per la prossima vittima.
Ci troviamo di fronte ad una problematica che si presenta in maniera frequente, minando la serenità della vittima che rischia di sviluppare una scarsa stima di sé, a causa del fatto che non riesce a reagire alle aggressioni ricevute.
Infatti questo bambino è vittima di gesti offensivi, umilianti, che attaccano la dignità della persona e sconfinano spesso in violenze fisiche.
Il bullismo è diffuso allo stesso modo tra bambini e bambine differenziandosi solo per le diverse strategie utilizzate.
I maschietti preferiscono mezzi più rozzi, facendo leva sulla forza fisica; infatti la vittima è sempre più gracile e timorosa. Non affrontano chi è potenzialmente più forte di loro ma si guadagnano rispetto attaccando una persona che potrebbero in realtà affrontare tutti.
Le femmine, adottano strategie più sottili ed indirette, basate sull’astuzia; infatti il loro scopo è spesso l’isolamento della vittima, che spesso, si tratta di una bambina che preferisce non conformarsi alla media, disprezzando le bulle della classe per il loro essere troppo oche e civette dando più importanza allo studio.
Ciò che distingue i bulli dagli altri bambini è la mancanza di empatia, l’insensibilità ai sentimenti altrui, che li rende incapaci di stabilire relazioni emotive positive, di creare un vero rapporto con chiunque grande o piccolo che sia.
Questi bambini appaiono sicuri di sé e non provano dubbi su quello che fanno, in quanto sono estremamente impulsivi e oppositivi.
Spesso sono bambini che all’età di due anni vengono lasciati in balia della loro aggressività, senza che nessuno sia mai intervenuto per contenere sia l’impulso che l’ansia generata dall’aggressività stessa. Altri invece, sono stati repressi e sempre puniti con la stessa violenza da parte di genitori altrettanto impulsivi.
L’aggressività e la violenza sociale diventano una specie di scudo con il quale il bambino si difende dalle delusioni; sembra quasi che si obblighi ad odiare il mondo prima ancora che il resto del mondo possa deluderlo e fargli del male.
Se i bulli sono incapaci di capire le emozioni degli altri, non provando alcun senso di colpa per le azioni commesse è perché non hanno avuto insegnamenti sulle relazioni affettive.
Anche se fanno di tutto per sembrare dei “duri”, questi bambini sono ipersensibili alle pressioni mentali che avvertono nelle relazioni con gli altri.
A livello emotivo più profondo, quando questo bambino assume un atteggiamento di sfida continua e provocatoria, la resistenza che oppone non è rivolta solo agli altri ma anche a tutte le sensazioni soffocanti e dolorose che sente dentro si sé e che gli creano ansia.
Per quanto apparentemente è molto sicuro di sé, deciso e determinato, in realtà nutre di profonde insicurezze di cui è consapevole ma che lo spingono ad essere un perfezionista sempre pronto a criticare chiunque.
La prognosi possibile in età adulta prevede comportamenti antisociali e condotte delinquenziali.
Prevenire queste situazioni è possibile; è necessario un lavoro di rete, tra scuola, famiglia e specialisti che prendano in carico.
Non è, però, sempre semplice mettere in atto dei correttivi, in quanto ci sono moltissimi fattori che contribuiscono a rinforzare il comportamento negativo.
In conclusione tamite un modello causale socialcognitivo è stato dimostrato come l’interazione tra senso di autoefficacia, prosocialità e disimpegno morale contribuisce a stabilire forme di bullismo abbastanza prepotenti.
La triste verità è che la violenza, per alcuni ragazzi, sembra essere diventata un banalissimo gioco. Una specie di "sport estremo", di divertimento alternativo da praticare senza preoccuparsi troppo. In questo tipo di atteggiamento ha un ruolo fondamentale l'influenza di certi spettacoli con contenuto brutale e sanguinario che raggiungono facilmente i giovani. Oggi basta accendere la televisione per essere travolti da un'ondata di violenza incessante, presente in numerosi film, telefilm e perfino nei cartoni animati. Molti ragazzi, purtroppo, assimilano questo tipo di messaggi e non riescono più a rendersi conto della differenza tra realtà e fantasia. Invece di provare disgusto, alcuni giovani si appassionano alla rappresentazione degli omicidi. La vista del sangue non li turba. Anzi, sembra addirittura affascinarli. E' il segnale di un rischioso rovesciamento culturale. Viviamo, sempre di più, in un mondo al contrario dove la morte e la violenza, invece di impaurire, diventano elementi d'attrazione e strumenti per fare soldi sulla pelle dei giovani.
La non-cultura del relativismo morale, alimentata da certi spettacoli, spinge inevitabilmente a credere che la vita sia una giungla in cui trionfano i più forti. Di conseguenza, i bulli furbetti penseranno sempre di più di restare impuniti e d'avere vita facile. Se i ragazzi continueranno a bere violenza, come se fosse un bicchiere d'acqua, produrranno inevitabilmente prepotenza anche nella loro vita sociale. E' necessario fare una passo indietro e ripartire da un'autentica educazione dei giovani, basata sul rispetto dell'altro e sulla cultura di una serena convivenza con il prossimo; con il proprio ambiente sociale e con il contesto familiare che non dobbiamo mai dimenticare perché se non agisci su tutti gli aspetti che si relazionano fra loro allora le modifiche saranno fine a se stesse; al contrario bisogna considerare questo fenomeno come un insieme di fattori che contribuiscono alla formazione di una cultura errata e violenta.
Tra le strategia applicate in ambito psicologico, ritroviamo il training all’assertività e programmi di educazione che mettono a confronto il bullo con la vittima, e con lo scopo di generare nel bullo quel senso di condivisione ed empatia a lui sconosciuti, ed aiutare la vittima a riprendersi dall’aggressione subìta. Un ottimo supporto viene fornito dai giochi di simulazione, attraverso i quali gli attori dell’azione aggressiva, possono rivivere la situazione e condividere emozioni, vissuti esperienziali e riflessioni.
Dr.ssa Laura Pinzarrone