Riflessioni sulla velocità
Mentre sono davanti al pc a scrivere, decido di mettere un po’ di musica; di fronte a me ho due possibilità per raggiungere lo stesso risultato. Prendere un disco in vinile e farlo iniziare a girare a 45 giri al minuto oppure usare un cd rom che avrà una velocità compresa tra i 500 e i 200 giri al minuto.
Il risultato sarebbe esattamente lo stesso, l’esperienza no.
Non voglio iniziare a parlare della differenza di ascolto tra un vinile e un cd rom o ancora di più con un formato digitale ma riflettere su quanto ciò che è cambiato, soprattutto negli ultimi anni, è la velocità con cui facciamo le cose e di come questa stia portando a sostanziali modifiche rispetto all’esperienza.
Ora, se consideriamo che il nostro modo di vivere deriva dall’esperienza che in passato abbiamo fatto delle cose, capite bene come la riflessione che sto cercando di portare avanti apre scenari praticamente infiniti. Vivere in maniera più “veloce” porta modifiche che hanno a che vedere con ogni aspetto della nostra esistenza dal versante relazionale a quello emotivo e legato all’idea che ciascuno può avere di sé (elementi che tra l’altro hanno influenza sulla nostra vita).
Insomma il discorso non è fine a sé stesso.
Ma procediamo per gradi e con altri esempi.
Per raggiungere il posto di lavoro fino a qualche anno fa saremmo saliti in macchina e magari avremmo acceso la radio per ascoltare della musica o la nostra trasmissione preferita e intanto avremmo riflettuto su un fatto appena successo o su un qualcosa che sarebbe accaduto di lì a poco, alla nostra vita ecc...
Oggi come oggi, il meccanismo è più o meno lo stesso ma ciò che è cambiato è il fatto che, in quel frangente di tempo potremmo venir tempestati da una serie di notifiche che ci fanno entrare in contesti e situazioni totalmente differenti da quello in cui siamo fisicamente.
Chat di whatsapp, facebook, instagram, skype ed email ci consentono di stare in luoghi diversi e occupati mentalmente su vari fronti restando seduti in un posto solo.
La nostra mente viene quindi bombardata da un numero talmente grande di informazioni connesse a situazioni completamente differenti che obbligano i processi di riflessione ad essere inevitabilmente più superficiali.
In pochissimi anni siamo passati dall’aver bisogno di tantissimo tempo e spesso della collaborazione di qualcuno per fare praticamente qualsiasi cosa, all’essere oggi apparentemente autosufficienti in quasi tutto e al poterlo fare in maniera molto rapida, tanto che la raccomandazione che ci veniva fatta da bambini “vai piano e fai una cosa per volta” oggi è del tutto anacronistica.
Ma proviamo ad analizzare le conseguenze che possono derivare dall’essere abituati a vivere in questo modo partendo dal presupposto che non vi sia un modo giusto o sbagliato di comportarci ma che la cosa importante per una persona è capire il senso di ciò che fa, così da poter scegliere in maniera consapevole.
E non credo che in un mondo così veloce siamo spesso riusciti a fermarci a riflettere sulle conseguenze del modo in cui viviamo.
Il “problema” naturalmente non è della tecnologia che ci consente di essere sempre più collegati e avere comodità incredibili ma nell’uso che ne facciamo e agli effetti non pensati di tutto ciò.
Alcuni dei risultati che sembra stiamo “raggiungendo” vivendo in un mondo che va ad una velocità sempre maggiore possono riguardare il non riuscire più a godere di ciò che stiamo facendo, perdere la possibilità di stare in contatto con noi stessi e avere difficoltà sul piano relazionale. Non sto facendo il catastrofista ma solo avviare una riflessione su come questo modo di vivere stia modificando il modo di sentire, pensare e “stare” in un’attività così come in una relazione.
Se ci pensate, se da una parte i rapporti interpersonali sono diventati più continuativi, anch’essi rapidi e immediati (creando l’illusione di avere una “relazione” con chiunque e in qualunque momento) dall’altra sono sempre più superficiali e basati su una mobilità che impedisce un contatto autentico (anche semplicemente per il fatto che spesso viene meno uno dei presupposti dell’interazione, la Comunicazione Non Verbale). Inoltre, l’impossibilità di chiudere fuori il mondo esterno, correndo il rischio di essere costantemente invasi, ha effetti sia sui processi di conoscenza e di consapevolezza sia sul versante relazionale.
Una delle cose che si sta modificando di più sono dunque i confini.
Se in senso generale questi sembrano essere sempre più labili, proprio per la possibilità di stringere rapporti con chiunque e in maniera immediata e per la possibilità di essere “invasi” in qualunque momento della giornata da amici, familiari o colleghi di lavoro, gli stessi diventano sempre più rigidi e sostanziali nel momento in cui si passa dal contesto virtuale a quello reale, anche per una vera e propria incapacità nello stare in contatto.
Allo stesso tempo ogni esperienza che facciamo diviene poco “sentita” emotivamente per il semplice fatto che mentre ha luogo, viene sovrastata da altre che, in un breve periodo di tempo ci portano a stare su altre questioni con vissuti emotivi molto differenti. Siamo insomma costantemente “distratti” da noi stessi, cosa che a volte può venirci comodo proprio per evitare quel contatto emotivo che forse stiamo perdendo la capacità di sostenere.
Se noi adulti però possiamo in un certo senso “scegliere”, la stessa cosa non sembrano poterla fare i più piccoli che sempre più stanno crescendo con solamente questa possibilità di esperire le cose. Probabilmente le difficoltà di concentrazione e attenzione sempre più frequenti nelle scuole possono riconnettersi al discorso che stiamo portando avanti.
Insomma, penso che potrebbe essere utile cercare di rallentare un po’ il modo in cui portiamo avanti le nostre attività della giornata e allo stesso tempo limitare il numero di cose che facciamo contemporaneamente evitando di essere “invasi” da chiunque in ogni momento, così da poterci riappropriare di un modo “nuovo” di stare in contatto con gli altri e con noi stessi.
Chissà come potrebbe diventare la nostra vita, il contatto con gli altri e la nostra possibilità di “sentire”? Buon “ascolto” a tutti…
Dr. Daniele Regini
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